Nel 1992, con la crisi finanziaria generata dai conti pubblici fuori controllo, il governo di Giuliano Amato introdusse, con il decreto legge ‘Misure urgenti per il risanamento della finanza pubblica’ varie misure per contenere l’aumento del debito. La misura più tristemente famosa fu la cosiddetta Patrimoniale, il prelievo forzoso pari al 6 per mille, calcolato sull’ammontare dei depositi bancari, libretti postali, conti correnti, certificati di deposito, buoni fruttiferi, in essere alla data del 9 luglio. La misura colse tutti di sorpresa essendo stata smentita più volte anche pochi giorni prima e fu uno dei punti di bassi nella storia della gestione finanziaria del nostro Paese.

Per eccellenza questo prelievo forzoso rimase nella memoria storica di tutti coloro che l’hanno vissuta e rimane nell’immaginario collettivo molto di più di tutta una serie di altre tasse patrimoniali che vennero introdotte negli anni seguenti (Imposte di bollo, di registro, ICI/IMU/TASI, bollo auto, ecc) e che storicamente sono costantemente crescenti.

Se la situazione del debito del 1992 sembrava drammatica, cosa possiamo dire della situazione attuale?

Il debito con la crisi del 2009 e poi la crisi legata al Covid è ormai ben oltre il 120% toccato sotto il governo Amato e si aggira ad oltre il 150%, equivalente ad oltre 40k € di debito per ogni italiano, neonati inclusi.

Negli ultimi anni la BCE ha azzerato i tassi di interesse ed acquistato grandi quantità di titoli pubblici italiani nell’ambito dei programmi di “quantitative easing”, garantendo il rifinanziamento del nostro debito pubblico a costi bassissimi.

L’annunciato, progressivo ritiro di queste misure, unito ad un sempre maggior debito da rifinanziare, potrebbe mandare nuovamente in tensione il differenziale tra il nostro costo del debito e quello ad esempio della Germani (il temuto spread) e rendere più difficoltoso il collocamento dei nostri titoli pubblici.

Da più parti si inizia a parlare nuovamente della necessità di introdurre una nuova imposta patrimoniale.

Ma a parte il comportamento distorsivo e il fatto che sia giustamente una misura invisa a tutti, vi siete mai chiesti se fosse veramente utile? A quanto potrebbe ammontare una eventuale, nuova patrimoniale: 1%? 2%? 10%?

L’ammontare di liquidità sui conti correnti degli italiani ammonta oggi a poco meno di 2000 miliardi, per cui una patrimoniale dell’1% ricaverebbe circa 20 miliardi, un importo totalmente insufficiente a ridurre il Debito in modo significativo.

Una simile patrimoniale sarebbe tuttavia totalmente controproducente (per usare un eufemismo) per i forti effetti negativi che avrebbe sulla fiducia dei consumatori e sull’economia nel suo complesso.

Ma oggi i governi sono diventati molto più scaltri, da una Patrimoniale dichiarata si è passati ad una Patrimoniale monetaria non dichiarata esplicitamente.

E’ noto che l’inflazione erode il potere di acquisto della moneta danneggiando i risparmiatori che vedono progressivamente svalutati i propri risparmi. Ma cosa succede invece a chi, all’opposto, non ha risparmi ma piuttosto solo debiti?

L’inflazione agisce in modo perfettamente analogo beneficiando in questo caso il debitore che vede svalutarsi il debito che ha preso a prestito.

E questo è vero alla massima potenza per lo Stato italiano, di gran lunga l’attore più indebitato che conosciamo. L’inflazione costituisce quindi un perfetto meccanismo di trasferimento di ricchezza dai cittadini risparmiatori allo Stato debitore.

In Italia l’inflazione ha ormai raggiunto il 6,7% annuo e la sua crescita, per ora, non sembra rallentare. I recenti, forti rincari dei prodotti energetici ed agricoli fanno anzi temere un suo progressivo, ulteriore aumento.

inflazione

Con l’inflazione attuale tutti i risparmiatore perderanno tutti gli anni il 6,7% dei propri risparmi mentre, simmetricamente, lo Stato guadagnerà il 6,7% di svalutazione del debito che è chiamato a ripagare nel tempo.

L’aspetto importante da notare è che quest’effetto si ripeterà tutti gli anni in cui sarà presente l’inflazione e non su un singolo anno come sarebbe l’impatto se venisse varata un’imposta patrimoniale classica.

Perdita che si accumula lasciando 1.000.000€ in liquidità sul conto corrente

Per fare un paragone con la patrimoniale dello 0,6% che tanto sconvolse il Paese 30 anni fa e ancora oggi, l’attuale 6,7% di inflazione annua equivale allo 0,56% ma al mese!

Nel totale silenzio stiamo già pagando una imposta patrimoniale MENSILE analoga a quella imposta 30 anni fa per una volta sola!

Su un debito di 2.650 miliardi, un’inflazione al 6,7% annuo porterà alle casse dello Stato (e a danno dei risparmiatori) una riduzione del debito reale pari a 177 miliardi di euro all’anno, tutti gli anni.

Inoltre mantenendo i tassi di interesse sotto quelli dell’inflazione si svalutano contemporaneamente sia debiti che crediti, trasferendo così risorse dai creditori ai debitori: la patrimoniale è quindi già tra noi ed è una “flat tax” che colpisce tutti in modo indiscriminato, senza che debbano essere toccati i conti correnti o altre proprietà e senza pagarne il peso politico.

Si realizza così un costante trasferimento di risorse dai cittadini allo Stato senza che nessun Governo o partito politico possa esserne ritenuto responsabile: una imposta patrimoniale non dichiarata. Pluriennale. Silenziosa. Senza colpevoli. PERFETTA.

Le Banca Centrale Europea, consapevole del problema del debito pubblico che grava ormai su moltissimi stati europei, ha lasciato che l’inflazione salisse in Europa mantenendo i tassi di interesse sostanzialmente a zero per favorire questo “trasferimento di ricchezza” a riduzione dei debiti statali.

Difficile che un così forte disallineamento tra tassi ed inflazione possa durare a lungo, ma è probabile che la BCE continuerà comunque a mantenere i tassi nominali sotto il tasso di inflazione per diverso tempo, perpetuando questo meccanismo di tassazione indiretta abbastanza a lungo da ridurre i debiti statali e supplendo così ad impopolari politiche fiscali altrimenti irrealizzabili dai governi Europei.

Siamo quindi entrati in una nuova dimensione come non vedevamo più dagli anni ’70, a cui non siamo abituati, che capiamo poco e da cui non sappiamo difenderci.

A differenza degli anni ’70 però, un periodo in cui vigeva il controllo dei capitali ed era sostanzialmente impossibile investire in null’altro che non fossero immobili e titoli di stato, adesso possiamo proteggerci investendo i nostri risparmi sui mercati finanziari di tutto il mondo beneficiando della crescita dell’economia globale, anziché lasciare che i nostri soldi si svalutino sui conti correnti, sempre secondo il proprio profilo di rischio, ma non restando nell’inazione che ci porterà solamente a pagare un conto molto salato, ogni mese che passa!

Per chi avesse bisogno di consiglio o supporto in questo senso siamo a disposizione e potete mettervi in contatto con noi.